Il cuore d’una città in una pallina

Ditemi quante altre volte avete sentito che una città abbia passato una settimana terrificante come quella che ha passato Boston negli ultimi giorni. Lacrime di terrore al posto degli “evviva” nella giornata della festa più sentita, poi il dolore del ricordo, poi quell’incredibile venerdì dove c’era solo da stare rintanati in casa sperando che uno con dell’esplosivo nello zainetto non entrasse nel tuo giardino. Quel giorno c’era gente che doveva lavorare, bambini che avevano preparato un compito semmai importante per la scuola, spese da fare, affari da concludere e belle ragazze da baciare. Niente di tutto ciò … tutto rinviato ad altra data, perchè sai mai che se esci di casa rischi di trovare uno che gira con dell’esplosivo e potrebbe semmai entrarti in casa e prenderti in ostaggio. Se uno vuol pensare ad un incubo per metterlo in una sceneggiatura di un film thriller può partire da qui, solo che questo non era un film era la vita reale.

Tornare al Fenway era l’esorcismo che tutti aspettavano per scordare la settimana folle passata, ehi … al Fenway ultimamente si vedevano parecchi seggiolini vuoti … noooo … oggi niente seggiolini vuoti, oggi c’era da ricominciare a vivere, a riprendere la routine, la metro fino a Kenmore Square, l’hot dog, il giretto dentro lo store per comprare la nuova t-shirt … e perchè no … c’era una partita da vincere, perchè siamo davanti e restarci sarebbe bello.

Tutto in un momento, in un toc del bastone, in una mazzata da parte di un eroe inatteso, di uno arrivato in punta di piedi che invece ora fa più rumore di un concerto heavy-metal. Dietro a quella pallina all’ottavo inning battuta da Daniel Nava c’era un bel po’ di gente che soffiava; le volte che ho avuto la fortuna di frequentare il Fenway ho visto gente proveniente dai quattro angoli del globo, stasera tutta quella gente a Boston e nel resto del mondo era dietro quella pallina che soffiava perchè non si corresse mai il rischio che l’esterno dei Royals la prendesse, quella pallina aveva il preciso dovere morale di passare sopra la testa dell’esterno e di finire nel bullpen perchè c’era da scordare l’incubo e da ritornare alla solita, tranquillizzante routine.

Se vi chiedete perchè ho insistito tanto su questa storia ve lo spiego subito : avete visto la gara di solidarietà verso Boston che c’è stata in tutti i diamanti, non solo l’America ha avuto tragedie, ne abbiamo avute di quelle grandissime anche noi, c’è solo una differenza, grande ed avvilente per noi. A Bologna trenta anni fa fecero saltare in aria la stazione, fecero più di 80 morti, una tragedia ancora maggiore di quella capitata lunedì a Boston, eppure da noi non è raro sentire tifoserie inneggiare all’esplosione della stazione quando gioca il Bologna, come non è raro sentire gente inneggiare alla tragedia di Superga quando giocano contro il Toro, credete che sentiremo mai un tifoso che so … degli Orioles inneggiare alla bomba di Boylston Street ? capito perchè seguo fanaticamente il baseball MLB e non entro in uno stadio italiano della serie A calcistica da vent’anni ?

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10 thoughts on “Il cuore d’una città in una pallina

  1. Io ho capito benissimo … secondo me il calcio non è più uno sport. L’altro giorno ero a giocare con dei bambini uno di loro subisce fallo, onestamente non me ne sono accorto, ma vedo lui che si getta su un avversario lo spinge, poi corre su un altro e spinge anche quello. Il gioco si ferma: lui in lacrime spiega di aver subito fallo e di essere stato a sua volta spinto prima. E’ un ragazzino di nove anni timido, che non farebbe male una mosca, perché è scattato così? Ormai tutto quello che gira intorno al calcio è diseducativo: non c’è cultura sportiva, solo teorie di complotti e furti, chiacchiere volgari da bar, cori disgustosi, e per giunta in campo in genere c’è poca tecnica e tanti calci. Per fortuna oggi mi sono goduto una partita di baseball: so good, so good, so good!

  2. La civiltà americana è un qualcosa che non potremmo mai raggiungere e se me lo permettete vorrei raccontarvi la mia esperienza. Come ho scritto pochi giorni fa su questo bellissimo Blog la settimana scorsa ero a Boston e ho visto la gara contro i Rays la mia prima volta al Fanway, esperienza fantastica ma lasciamo stare. Fortunatamente sono ripartito per nyc il giorno prima la tragedia e quando ho avuto la notizia mi son dovuto sedere su una panchina di Central Park dove mi travavo in quel momento! Io alloggiavo a pochi passi da dove è accaduto il tutto, presso il dormitorio della IF school proprio su Boylston St. strada che percorrevo tutti i giorni per andate a prendere la T (la metro di Boston). Una volta ripresomi da quella strana sensazione sono tornato in sella alle mie gambe e ho ripreso a camminare. La sera dopo, il 16 aprile, sono andato a vedere gli Yankees contro i D-Back (tutti con la #42 indosso), poco prima della partita sul maxi schermo è apparso il logo degli Yankees accanto a quella dei RedSox ma la cosa che mi ha fatto veramente venire la pelle d’oca è stato quando all’inizio del 3º inning tutto lo Yankees Stadium (un po’ vuoto a dire il vero dato il rischio attentati) ha iniziato ad intonare Sweet Caroline, io resto a bocca aperta e quasi non ci credo quando replicano anche i tre urli CELTICS CELTICS CELTICS tipicamente urlati nella pausa del ritornello della nostra canzone! Una cosa unica e irrepricabile il mio vicino di posto Dunn un omaccione molto simpatico (e molto sorpreso dalla mia “italiana” passione per il baseball) mi spiega che non esistono “rivarly” in certe occasioni e si è una unica grande nazione!! A quelle parole non ho potuto fare a meno di pensare al nostro paese, al nostro modo di vivere lo sport, alla lega e al fatto che dopo pochi giorni sarei dovuto tornare a casa…una lacrima è caduta…viva gli U.S.A. con le loro mille contraddizioni ma con un modo di essere sportivi che noi potremmo solo sognare e invidiare. Scusate se sono stato prolisso ma credo che in questo blog nella nostra piccola Nation la pensiamo tutti allo stesso modo!

    • Leggendo il tuo post questa mattina Rodolfo mi hai fatto commuovere , ci hai fatto capire quanto è diverso lo spirito sportivo americano da quello italiano

  3. Post strepitoso e un complimento sincero all’amico Rodolfo per la sua annotazione. Non voglio beatificare ne incensare gli Stati Uniti ma hanno molto da insegnarci per quanto riguarda solidarietà, sportività e rispetto per gli avversari.
    Parlano un momento di baseball e di sensazioni qualcuno di voi non comincia a pensare che Forse quest’anno siamo in missione per conto di qualcuno.

  4. Come non detto Dempster subisce al 4° e noi buttiamo via una grande occasione all’8° … Middlebrooks (AVG 186) Drew (AVG 115) e Gomes (AVG 200) preoccupano … speriamo nella partita di stanotte!

  5. condivido in pieno …per qst il calcio non e’ da un decennio il mio sport preferito…qui da noi non c’e’ cultura sportiva, si ama solo il calcio come una massa di adepti fedelissimi e basta…dopo il calcio c’e’ il vuoto….e questo e’ sintomo della poca sportivita’ del nostro Paese, dove la massa segue il gregge senza pensare… viva i veri sportivi, viva chi si appassiona anche a sport che di minore non hanno proprio nulla

  6. @ Rodolfo e @ Nation.
    Lo scorso anno portai i miei figli al Fenway. Uno è tifoso degli Indians, gli altri due dei Tigers. Li ho costretti ad indossare le maglie delle loro squadre: avevano paura, avevano timore di essere apostrofati.
    ‘State tranquilli, scherzeranno con voi, vi prenderanno in giro e vi offriranno un hot-dog…e godetevi la magia’
    E’ andata così. E loro non capivano l’inglese. Bellissimo.

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