In un racconto di Ernest Hemingway, Francis Macomber è un ricco americano che partecipa a un safari in Africa, assieme alla moglie e a un cacciatore bianco professionista. All’inizio Francis non dimostra grande coraggio, tanto che la moglie lo tratta male, accusandolo implicitamente di essere un vigliacco. Nella caccia successiva, però, Macomber si rinfranca, uccide dei bufali pericolosi e riacquista visibilmente fiducia in sé stesso. La moglie, che percepisce questa mutata condizione come una minaccia, approfitta di un momento in cui Francis deve affrontare una situazione critica per sparargli, colpendolo alla base del cranio. Il cacciatore sistema le cose per far passare il tutto come un incidente, anche se è convinto che lei abbia deciso di ucciderlo deliberatamente.
Questo racconto mi è tornato in mente dopo la quinta sconfitta consecutiva rimediata ieri a Disneyland: negli ultimi anni, ogni volta che la squadra sembra aver trovato il suo ritmo, qualcuno del front office prende il fucile e, deliberatamente, decide di affossarla.
Il rifle shot che ha fermato i Red Sox quest’anno è rappresentato dalla cessione di Ciccio Devers in cambio di nulla di significativo. Non ci voleva certo un genio per prevedere che privarsi del miglior battitore non avrebbe giovato a una squadra con tanti difetti nel roster, ma le assurde modalità dell’operazione, il tempismo scellerato, le giustificazioni cretine hanno innescato un vortice di conseguenze negative fino a raggiungere le dimensioni della catastrofe.
I Red Sox sono in picchiata, e non si capisce proprio cosa dovrebbe succedere per evitare di sfracellarsi al suolo. È normale che, per chiunque segua la squadra per diletto e non per professione, diventi estremamente difficile continuare assiduamente e dare conto di quanto succede in maniera partecipativa:
- Boras ha detto che attiverà l’opt-out del contratto di Bregman a ottobre? Vabbè, pazienza, dicono tutti così.
- Kutter Crawford non tornerà sul monte questa stagione per un’operazione? Esticazzi, tanto era una pippa!
- Quinn Priester, il lanciatore accolto con la fanfara lo scorso anno — cedendo un ottimo prospetto (Nick Yorke) ai Pittsburgh Pirates — o girato ai Birrai per qualche peanuts dopo alcune prestazioni giudicate poco convenienti è lo stesso lanciatore che ora ha un record di 5-2 con una media PGL di 3.68, mentre la nostra rotazione è falcidiata dagli infortuni? Sono cose che capitano!
- Da quando i Red Sox hanno ceduto Rafael Devers il 15 giugno, i molti giocatori schierati al numero due dell’ordine di battuta hanno registrato complessivamente .199/.262/.349. Invece di .264/.390/.875, che ci avrebbe garantito Ciccio? Bang! proiettile arriva alla base del cranio.
Per giustificare l’ingiustificabile trade, la dirigenza dei Red Sox ha fatto diverse affermazioni ridicole, ma ce n’è una di Breslow che mi torna continuamente in mente:
“Penso che ci siano delle reali possibilità che, alla fine della stagione, guardando indietro, avremo vinto più partite di quante ne avremmo vinte altrimenti.”
Col passare del tempo (e non ce n’è voluto molto), questo commento sconsiderato è invecchiato così male, diventando così assurdo, da sembrare pronunciato da una personalità problematica e disturbata.
Boston è in una striscia di cinque sconfitte consecutive, incluse due partite perse proprio contro i Giants, la nuova squadra di Devers, e in questo periodo ha avuto una media inferiore a quattro punti a partita.
Per tutta la stagione i Red Sox hanno sempre faticato, quasi in ogni partita, almeno in un reparto. Quando il partente era dominante, come spesso è successo con Crochet, l’attacco scompare. Quando lo staff dei lanciatori implode, l’attacco magari è più brillante e prova a mettere assieme delle rimonte, solo per poi perdere, molto spesso, di uno o due punti.
Tutto questo porta però all’inevitabile conclusione che non siamo una squadra migliore senza Devers, in qualsiasi modo vogliate considerare questa affermazione. La dirigenza ha peggiorato il suo attacco — già di per sé poco brillante — in maniera deliberata e senza esitazioni. Questa automutilazione ha potenzialmente compromesso l’intera stagione, e risulta ancora più dolorosa per le motivazioni che configurano, come si dice in termini giuridici, i futili motivi: sono andati in conferenza stampa e hanno seriamente insistito sul fatto che si trattasse di sanzioni disciplinari, mentre hanno respinto con decisione le motivazioni finanziarie.
Se i Red Sox non accedessero ai playoff, come ormai sembra più che probabile, la proprietà dovrebbe rivedere i criteri con cui ha scelto i dirigenti negli ultimi anni: disfarsi dell’idiota e del sociopatico e affidarsi a un CBO di comprovata esperienza e capacità — un professionista che sappia come si costruisce un roster forte ed equilibrato. Individuata questa figura, però, occorre anche affidargli un mandato senza riserve e pregiudiziali. Tale mandato dovrà includere la possibilità di stravolgere lo staff tecnico, compresa la figura del manager, che sembra destinata a sopravvivere ad ogni evenienza, senza mai pagare dazio.
Detto questo, per quanto mi riguarda, mi metto in stand-by. Mi è passata la voglia di seguire una squadra con una proprietà disinteressata a vincere. Naturalmente questo mio atteggiamento non avrà nessuna ripercussione, ma credo che se i tifosi di Boston svuotassero lo stadio, smettessero di comprare merchandising, ecc., sarebbe l’unico modo per modificare questa incresciosa situazione. La conseguenza di questa mia decisione è che i post di questo blog saranno sempre più rari, legati solo a situazioni particolari. Naturalmente, il mio posto è a disposizione per chiunque di voi sia più motivato di me.