Eccoci arrivati all’ultimo capitolo di questo lungo sproloquio, che, a giudicare dai commenti (quasi del tutto assenti), credo abbia procurato più che altro noia e sonnolenza. Ora però che faremo un focus sul manager Alex Cora, entreremo su un terreno più controverso, che dovrebbe suscitare un maggiore interesse. Almeno lo spero.
Cominciamo dalle basi. Il lavoro del manager consiste essenzialmente nel vincere le partite. Innanzi tutto è lui che gestisce il roster dei giocatori, decide la formazione della squadra che scende in campo ogni giorno e programma quella dei giorni successivi. Inoltre, durante la partita, è colui che prende qualsiasi decisione, molte delle quali possono influenzare direttamente il risultato. Il manager gestisce anche la comunicazione con le conferenze stampa dopo ogni incontro e con le comparsate in trasmissioni radiofoniche e televisive, durante le quali deve essenzialmente parlare del suo lavoro, che è, appunto, quello di vincere le partite.
Ebbene in questa stagione Cora di partite ne ha vinte 81, esattamente lo stesso numero di sconfitte, e quindi il commento potrebbe finire qui: risultato mediocre, 5 in pagella.
Inoltre l’esclusione dalla postseason per il terzo anno consecutivo (quinto negli ultimi sei) dovrebbe essere considerata inaccettabile per una franchigia con le risorse e la tradizione dei Red Sox e pesare come uno stigma sul curriculum del manager, che, in condizioni normali, dovrebbe essere chiamato dalla proprietà a rendere conto del disastro.
Perché questo non è accaduto? Perché invece di essere licenziato il suo contratto è stato rinnovato a luglio, ben prima di conoscere il piazzamento finale? Come è possibile che questo benedetto uomo esca sempre dalle macerie con la camicia bianca bella e pulita? Perchè non è sto mai chiamato a rispondere dei fallimenti in questi lunghi anni?
Dopo la stagione 2023 Cora, 48 anni, è stato oggetto di speculazioni per un po’ di tempo, dato che era imminente la scadenza del suo contratto. Il club, classificatosi ultimo nell’American League East sia nel 2022 che nel 2023, aveva appena licenziato il responsabile del baseball Chaim Bloom. Craig Breslow, ereditata una ricostruzione priva di scadenza temporali e obiettivi precisamente definiti, aveva accettato il mandato in presenza di un Cora già confermato dalla società, ma non era chiaro se sarebbe rimasto negli anni a venire o se il nuovo CBO avrebbe preferito altre soluzioni.
Alcuni avevano ipotizzato che Cora avrebbe potuto cercare di passare ad un ruolo di front office, qualcosa per cui aveva apertamente espresso interesse. Altri invece pronosticavano che avrebbe potuto lasciare Boston e, seguendo il percorso di Craig Counsell, che era riuscito a strappare ai Cubs un contratto da 40 milioni di dollari in cinque anni, aprire un’asta su se stesso durante la stove league.
Tutte queste ipotesi comunque facevano parte di previsioni da collocare temporalmente dopo la fine della stagione e invece, del tutto inaspettatamente, nel pieno delle trattative di mercato di fine luglio, dopo che in precedenza le parti avevano categoricamente smentito la possibilità di colloqui durante la stagione, usciva la notizia dell’estensione contrattuale, dalla durata di tre anni e dal valore medio annuo di poco inferiori agli 8 milioni di dollari. Questo accordo renderà Cora il secondo manager più longevo nella storia dei Red Sox, superato solo dai 13 anni di Joe Cronin. Viene da chiedersi se tutto questo Breslow, che ha rilasciato interviste entusiaste, lo ha negoziato o lo ha subito.
Dall’euforia delle World Series del 2018, il club ha vissuto un periodo di montagne russe, con alti e bassi colossali. Ci sono stati tre cambiamenti nella leadership del front office nelle ultime sette stagioni e tentare di seguire la direzione dei Red Sox è stato spesso come rimanere bloccati in un labirinto senza uscita. La proprietà ha detto una cosa e ne ha fatta un’altra più volte di quante se ne possano contare. Su un solo punto sono stati inamovibili in modo granitico: la loro lealtà verso Cora.
L’immediata riassunzione di Cora dopo la sospensione del 2020, imposta a un Bloom evidentemente contrariato, è un precedente significativo. Il fatto che Cora stia lavorando per il suo terzo responsabile delle operazioni di baseball dice molto dell’ascendente che riesce ad avere sull’organizzazione. E’ infatti prassi che ai nuovi CBO, in genere, sia concesso il lusso di assumere un proprio manager di fiducia, ma questo privilegio è stato negato sia a Bloom che a Breslow: entrambi invece hanno dovuto accettare Cora insieme all’incarico. Era un pacchetto unico, non negoziabile.
Secondo me ci sono pochi dubbi che, anche questo fresco rinnovo contrattuale, sia passato abbondantemente sopra la testa del CBO, a cui non è rimasto altro che fare buon viso a cattivo gioco. Alla lunga tutto questo non è sano e già ora ci sono dei problemi, come in tutti i casi in cui il controllore coincide con il controllato.
Questo spiega l’arcano, però d’altra parte, bisogna ammettere, che questa posizione Cora non se l’è conquistata a chiacchiere o con i riti woodoo di Santo Domingo. E non possiamo pensare che la proprietà sia composta da tizi sprovveduti a cui piace buttare i soldi dalla finestra, perchè di soldi, a Cora gliene hanno dati un bel po’. Assumendo Quatraro, tanto per fare un esempio, ne avrebbero spesi sette volte meno. Forse ne sarebbero rimasti per comprare dei rilievi decenti alla scadenza.
La ragione, secondo me, risiede nel fatto che Cora è un talento indiscutibile. Succede spesso che le sue squadre superino le aspettative di inizio stagione. Ciò che ha fatto quest’anno con un roster pieno di infortuni, che ha perso i titolari Giolito e Whitlock, così come lo shortstop Trevor Story all’inizio dell’anno, potrebbe averlo messo in lizza per il premio di manager dell’anno della American League. Non capita spesso di trovare pecche nella composizione della formazione, lavoro per il quale si intravede un approccio metodico e basato sui dati oggettivi ricavati dai matchups con lo starter avversario. Durante la gara poi sembra sempre sul pezzo, pronto a schiacciare i pulsanti giusti e ad approfittare di tutte le occasioni per trarne il massimo vantaggio possibile.
A volte, dall’Italia, mi sembra di scorgere degli evidenti errori, specialmente nella gestione dei lanciatori di rilievo, però credo si possa dire che difficilmente è recidivo: sbaglia, come tutti, ma in modo vario senza incaponirsi come faceva il suo predecessore Farrell. In generale preferisco un manager che ha un piano in testa e lo segue anche facendo mosse impopolari, piuttosto di uno che applichi acriticamente e in ogni circostanza i dettami del “manuale del baseball”. Naturalmente occorre che alla fine questi errori (o situazioni controverse) siano relativamente rare. Bisogna anche tenere presente che conducendo squadre mediocri, il peso specifico di ogni errore è più evidente e doloroso di quelli che commetteva nel 2018.
Quindi, concludendo, il mio giudizio, per quello che vale, é: que viva Cora, hasta la victoria! Nel contesto in cui siamo non riesco veramente a vedere nessuna ragione per cambiare il manager.
Le stagioni vanno come vanno per il rifiuto della società di investire e per un front office costituito da dilettanti allo sbaraglio, privo di professionisti di comprovata esperienza, in grado di risolvere i problemi.
L’attuale President of Baseball Operations è un contenitore vuoto, più di qualsiasi altro da quando John Henry ha acquistato la squadra nel 2003. Ognuno ha avuto dei principi operativi e, a differenza di Breslow, erano tutti piuttosto chiari quando quelle persone sono state assunte. Theo Epstein avrebbe usato idee alla Moneyball a Boston. Cherington era fondamentalmente una sua continuazione (anche se con un po’ più di conservatorismo, come abbiamo scoperto). Dombrowski era un tipo vecchia scuola, tipo spendi tanto per vincere subito, ma è stato cacciato quando le sue idee sono diventate incompatibili con il budget. Bloom avrebbe dovuto incorporare le idee analitiche della nuova scuola dei Rays in una franchigia di più alto livello, ma si è rivelato un bluff.
Finchè John Henry continuerà a tenere stretti i cordoni della borsa e Breslow continuerà a spendere male le poche risorse disponibili, mi spiegate perchè dovremmo cambiare manager? A cosa servirebbe?