Altri sei giorni di sofferenza

La vita è completamente imprevedibile, anche se agli esseri umani piace pensare di vivere in un mondo dove ogni giorno si ripete esattamente come il precedente, che tutto possa procedere senza scossoni e nulla possa spezzare la routine. Tendiamo a dimenticare  che, all’improvviso, degli aerei possono essere utilizzati per abbattere le torri gemelle, che grandi banche d’affari come Lehman Brothers possono dichiarare bancarotta, che siamo perennemente esposti quando si hanno notizie preoccupanti di una strane epidemie in Cina. 

Siccome la vita è monotona e priva di eventi traumatici apprezziamo lo sport, dove l’incertezza è ordinaria amministrazione e non sai mai quello che può succedere. Come corollario abbiamo che quando vince sempre quello che deve vincere è un sicuro indicatore di gioco truccato e questo per me rende inesplicabile come la serie A di calcio abbia così tanti appassionati.

All’estremo opposto dello spettro c’è il baseball in cui il motto “It ain’t over ’til it’s over”. Mancano sei partite alla fine della stagione della Major League Baseball e solo pochi giorni fa sembrava che tutto fosse deciso per l’accesso ai playoff. Ora invece sappiamo che i Red Sox, i Tigers e gli Astros sembrano ancora leggermente favoriti, ma i Guardians che hanno vinto 15 partite su 17, hanno ribaltato radicalmente la loro stagione e reclamano prepotentemente un posto. Per capire cosa succederà lasciamo perdere le proiezioni. Fan Graph attribuisce percentuali di successo ben superiori al 50% (per noi si parla addirittura del 90.2%), per ad ognuna di queste quattro squadre, anche se è assolutamente certo che una di queste non ce la farà. (Se mi chiedessero di scegliere qualcuno per gettarlo dalla torre direi immediatamente Houston, senza pensarci un attimo, purtroppo sono proprio quelli con il calendario di facile).

Siamo andati a Tampa in condizioni precarie, ma, sorprendentemente, abbiamo colto due rinvigorenti vittorie in rimonta, mettendo a segno dei big inning a fine partita nelle prime due partite. Poi (sorpendentemente?) siamo crollati nella gara finale, perdendo 7-3, subendo 14 strikeout e lasciando ben 10 uomini in base. Nathaniel Lowe dietro la lavagna per aver preso uno strikeout per ben due volte, con le basi cariche. Wilyer Abreu è tornato in campo per la prima volta dal 18 agosto, dopo aver saltato 30 partite, e senza aver potuto sottoporsi a riabilitazione il risultato è stato un gran sombrero.

Ma questo andamento a montagne russe non riguarda solo noi, anzi è caratteristico di tutto il campionato.

A fine agosto, i Red Sox hanno vinto 7 partite su 8 contro Yankees e Orioles, portandosi a 15 partite sopra il .500. Questo è stato il picco più alto della stagione e sembrava potessero competere per la division. Nelle ultime 7 serie (21 partite), i Red Sox hanno stabilito un record di 10-11, sono ancora 14 partite sopra il .500, ma ora siamo in corsa solo per una wild card. 

Secondo il sito Tankathon Boston ha il calendario più difficile dovendo affrontare nelle ultime serie due Toughest Opponents come Toronto o Detroit. Tempo fa speravo che queste due squadre, a questo punto della stagione, avessero raggiunto e propri obiettivi e che (forse) non si sarebbero impegnati alla morte con noi. D’altra parte se questo non è successo significa che anche loro hanno fragilità che potremmo sfruttare.

Mi riferisco in particolare a Detroit che sono entrati in una profonda crisi tanto che, un Cleveland piuttosto frizzantino, ha potuto rimettere in discussione la AL Central. Ora i Tigers conducono di una sola partita, dopo essere stati avanti di 11 solo 17 giorni fa e aver subito sei sconfitte consecutive, nove su dieci e 18 su venticinque. Mi ricordano qualcuno nel 2011.

Ora i Tigers dovranno giocare proprio con Cleveland e l’esito di quella serie potrebbe influenzare il nostro campionato. Ovviamente, i Red Sox sono padroni del loro destino e se riuscissero a vincere 4 o 5 delle ultime 6 partite sarebbe fatta. Considerate le difficoltà in battuta, l’evidente stanchezza dei lanciatori partenti e la scarsa qualità dei rilievi intermedi, è difficile credere che ne possano vincere più di 3. Sarà necessario quindi vedere quello che succede sugli altri campi e quello che succede nella AL central ci riguaerda più da vicino. Si propongono due scenari.

Scenario 1: I Tigers tengono a bada i Guardians e vincono l’AL Central
Anche se tutto lascia prevedere che i Guardians riescano a fare la loro parte e vincere la division potrebbe entrare in gioco la legge di Murphy. Le serie positive finiscono. È molto difficile mantenere un ritmo serrato a fine stagione. Questo è probabilmente lo scenario migliore per i Red Sox, dato che detengono il tie break sia contro i Guardians che contro gli Astros, avendo vinto le rispettive serie stagionali. Avendo una vittoria in più di entrambe significa che, per poterli eliminare, occorre che ENTRAMBE vincano 2 partite in più di Boston. Per esempio se i Red Sox finiscono 3-3 (uno scenario molto plausibile), sia i Guardians che gli Astros dovrebbero stabilire un record di 5-1 per eliminare i Red Sox. 

Scenario 2: I Guardians prendono l’AL Central
A questo punto i Tigers sono una contendente per la Wild Card insieme ai Red Sox e agli Astros. Boston e Detroit condividono lo stesso identico record, con 85 vittorie, ma in questo scenario i Tigers hanno il vantaggio del tie break sui Red Sox e giocheranno le ultime 3 partite dell’anno al Fenway Park. Questa potrebbe essere una serie playoff anticipata. Se così fosse, i Red Sox non avrebbero a disposizione i loro tre migliori partenti, dato che giocheranno tutti nella serie contro i Blue Jays. Forse il solo Giolito potrebbe eventualmente lanciare nella partita di domenica con 4 giorni di riposo, se fosse necessario.

Ma è inutile guardare così avanti. C’è poco da fare tabelle, pronostici o divinazioni, le cose spesso vanno in un modo che nessuno ha previsto. L’unica è sedersi in poltrona e guardare quello che accade, perché, come dice sempre Faso, il meraviglioso gioco del baseball sarà sicuramente emozionante.

Se a leggermi ci fosse un neofita consiglierei di concentrarsi sui pitching duel. Il baseball non lo si si può apprezzare se non si capisce quanto sia difficile:

  1. lanciare una palla ad un bersaglio dalle dimensioni paragonabili a un foglio A3, posto a 18,44 metri di distanza
  2. usare una mazza per colpire efficacemente una pallina dal diametro di 7,5 cm, che ti viene addosso a velocità che possono raggiungere i 160 Km/h.

Se invece si riesce ad apprezzare questi gesti tecnici tutto diventerà estremamente divertente, indipendentemente da chi vince, sempre che, beninteso, non indossino pigiamini a righe.

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In panne

Nove partite da giocare e speranze ridotte al lumicino. La squadra che ha perso la serie in casa con gli A’s sembra piantata a terra, incapace di fare un passo avanti, con tutti i reparti che hanno dato segni di regressione e logoramento:

  • Quasi tutto lo staff dei partenti, che ci avevano portato su in classifica durante l’estate, se non sono stati falcidiati dagli infortuni, sembrano aver esaurito ogni spinta propulsiva. Mi riferisco in particolar modo a Giolito e Bello che nelle ultime settimane esibiscono numeri paurosi. Abbiamo raschiato il fondo del barile e sembra che Crochet sia il solo su cui possiamo contare, unitamente a Early (finchè dura!), nonostante siamo riusciti a sprecare anche le sue gemme.
  • L’attacco, ridotto a uno stato larvatico, ha risentito di diversi fattori penalizzanti. Ha pesato l’assenza delle mazze di Anthony, Abreu, Mayer per infortunio e di Campbell, tenuto ancora in castigo in tripla A, e di quelli entrati in slump così profondi da non vedere la fine (Bregman e Rafaela). Breslow ha inoltre mutilato la squadra avendo cacciato una delle migliori mazze MLB, per mandare nel box giocatori che non dovrebbero giocare in MLB e altri che almeno non dovrebbero giocare titolari tutti i giorni.
  • La difesa, che pur non era il nostro punto di forza, ha mostrato segni di ulteriore cedimento anche in colonne come Trevor Story che, pur autore di due errori che ci sono costati la partita di ieri, è stato contemporaneamente uno dei migliori.
  • Il bullpen forse è il reparto messo meglio (non è proprio il caso di parlare delle piccole crepe mostrate dal nostro brillantissimo closer nel marasma generale), a patto che Cora smetta di mandare sul monte Weissert in partite contese. Ne ha buttate al cesso due recentemente, ora basta!

Quindici giorni fa speravamo di poter contendere a Toronto la division, ora siamo in caduta libera, tutti gli obiettivi sembrano sfumati nel nulla, a parte l’ultimo posto nella Wild Card race, che ci costringerebbe ad affrontare Seattle o Houston in trasferta nelle Wild Card series, con poche o punte prospettive di procedere oltre.  Noi non sappiamo cosa sta succedendo davvero nella club house, immaginiamo che tutto lo staff tecnico sia febbrilmente impegnato a cercare delle soluzioni, ma sembra impossibile che le possano trovare. La squadra sembra la Dodge Monaco del 1974 dei Blues Brothers che stira le cuoia, appena arrivata al Richard J. Daley Center di Chicago.

Il numero magico è 9, ma dovendo affrontare, nell’ordine, Tampa Bay, Toronto e Detroit sembra temerario poter ambire ad un bottino superiore a un paio di vittorie. Sembra quindi praticamente impossibile che Cleveland, che ha vinto le ultime sette in fila, non riesca a mettere la testa avanti e ci elimini dai playoff sul filo di lana, regalandoci un’altra stagione fallimentare. Molti paragonano questa situazione a quella del 2011, ma mi permetto di dissentire. All’epoca la proprietà aveva approntato una squadra in grado di vincere la divisione e puntare alle WS. Al disastro reagirono con prontezza (anche se non lucidamente), facendo rotolare qualche testa a caso. Avevano almeno l’obiettivo di tornare subito competitivi. Dalla stagione 2019 in poi non sembra proprio che Mr. Henry perda il sonno per i Red Sox, non si sa se verranno presi provvedimenti e quali.  Anzi c’è il rischio concreto che essere stati fra i corsa alla fine di settembre sia considerato un progresso e che quindi siano tutti confermati.

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Siamo in riserva

Quando Garrett Crochet è salito sul mound per il riscaldamento in vista dell’inizio Sunday Night Baseball, con le prospettive di raggiungere i playoff gravemente  compromesse dalle due sconfitte consecutive contro i MFY, l’ansia era palpabile sugli spalti del Fenway Park.

Non ero lì ovviamente,  ma è quello che mi è sembrato di percepire dalle immagini televisive. Se Crochet avesse vacillato, se l’impero del male ci avesse rifilato una sweep, sarebbero stati grossi guai. Fortunatamente, come ha fatto spesso in questa stagione, il ventiseienne di Ocean Springs, MS, si è dimostrato all’altezza della situazione, lasciando a secco i battitori di New York nel primo inning e contemporaneamente allentando la pressione su un attacco dei Red Sox che era sempre andato in difficoltà nelle prime fasi della partita.

Il risultato? Un sospiro di sollievo. Non appena Crochet ebbe falciato gli Yankees con un rapido primo inning che includeva due strikeout, seguiva un big inning di sei punti, che avrebbe segnato tutto l’incontro fino alla vittoria per 6-4. I primi cinque battitori di Boston (Jarren Duran, Alex Bregman, Trevor Story, Nathaniel Lowe e Romy Gonzalez) toccarono tutti in valido il malcapitato  Warren che sembrava incapace a fermare l’emorragia.

Dopo questa esplosione i ragazzi si sono calmati tornando ai ritmi delle partite precedenti, senza più impensierire la difesa avversaria. Brutto segno perché qualche altro punticino di assicurazione sarebbe servito per non guardare gli inning finali a chiappe strette.

Con un vantaggio di 6-0, Crochet non è stato perfetto, concedendo due fuoricampo, uno da due punti di Amed Rosario e un fuoricampo solitario di Judge. I fuoricampo sono stati un problema ultimamente. Crochet ha concesso 12 fuoricampo nelle sue ultime 12 partenze, rispetto ai 10 nelle prime 18. Ma ha ampiamente limitato i danni, concedendo tre punti in sei inning, in cui ha eliminato 12 giocatori e ha indotto 23 swing and miss, in entrambi i casi eguagliando i suoi massimi stagionali. Insieme a Chris Sale e Pedro Martinez è stato l’unico lanciatore nella storia del club ad avere totalizzato più di 230 strikeout e meno di 60 punti concessi in almeno un periodo di 30 uscite.

In particolare gli scontri di Crochet contro Judge hanno continuato a essere spettacolari, come lo sono stati per tutta la stagione. Crochet ha eliminato Judge nei primi due turni in battuta, prima che Judge impattasse una palla veloce oltre il muro del bullpen al quinto inning, portando il punteggio sul 6-3. Judge è ora 3 su 15 con 11 strikeout e due fuoricampo contro Crochet.

A due settimane alla fine della stagione regolare, la sfida di ieri sera potrebbe ripetersi ad affrontarsi a ottobre nel turno di Wild Card. Crochet avrà senza dubbio la palla nella prima partita da titolare, con la possibilità di consolidare ulteriormente la sua posizione con la squadra rivale. In quattro partenze in questa stagione contro New York, Crochet ha una media PGL di 3,29 con 39 strikeout in 27.1 inning.

Il bullpen ha chiuso la partita con l’impressionante ottavo inning di Garrett Whitlock, con tre strikeout dopo un singolo iniziale, e con la buona prestazione di Aroldis Chapman, che ha chiuso la partita. Chapman aveva concesso punti in ciascuna delle sue ultime due occasioni, dopo una serie di 50 battitori consecutivi senza subire valide. Domenica, gli sono bastati solo 11 lanci per concludere la partita, realizzando 10 strike e battendo a 101 mph sui suoi ultimi quattro lanci.

I Red Sox avranno lunedì libero prima di tre partite contro gli Athletics a partire da martedì. La vittoria di domenica ha portato a 82 le vittorie stagionali, il massimo dal 2021

I Red Sox ora sono a una partita e mezza dagli Yankees per il primo posto nella wild card dell’American League, anche se solo una partita avanti rispetto a Houston, terza in classifica. Dal 2022 non si gioca più la partita 163 e I Sox detengono il tie-break contro entrambi. Questo particolare però non sarà sufficiente se le mazze non ritroverranno un po’ di slancio. Meno male che l’esterno destro Wilyer Abreu, secondo nella squadra dietro Story per fuoricampo, dovrebbe tornare in campo questa settimana. Speriamo porti un po’ di potenza nel box.

In questi ultime partite i Sox hanno certamente un calendario impegnativo (TOR e DET vs A’s e TB) quasi come Houston (TOR e SEA vs LAA e A’s). Per i MFY invece tutta discesa dovendo affrontare CWS e Minnie più 7 partite con BAL.

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Artefici del nostro destino

Quando la squadra si è portata a Sacramento per disputare la serie contro gli A’s, dopo gara 1 vinta in tranquillità da un Crochet tornato ai suoi livelli abituali, sembrava che avessimo finito i lanciatori partenti per occupare gli ultimi due slot della rotazione. Parlo di lanciatori partenti sani naturalmente, perché le infermerie traboccano, oltre ogni limite, di partenti rotti, falcidiati da misteriose epidemie di infortuni che hanno imperversato nel corso dell’intera stagione.

Per fortuna a capo del front office c’è un ex lanciatore, specializzato in lanciatori, soprattutto nello scouting di lanciatori, capace di trovare il talento in ogni luogo e in ogni lago, e di rimpinguare il farm system di giovani prospetti e valorosi veterani. D’altra parte era stato preso dai Red Sox proprio perché la sua unica esperienza professionale pregressa era maturata nei Cubs, a fianco di Epstein, e consisteva proprio nel supportare l’infrastruttura di lancio dell’organizzazione. 

Bisogna ammettere che sul fronte lanciatori Breslow si è mosso con decisione e risultati positivi. Appena arrivato a Boston ha ribaltato completamente la politica dei Draft tenuta dal suo predecessore e in poco tempo è riuscito a dare alla squadra un pitching competitivo, al netto di qualche  svarione come quello di regalare ad Atlanta un veterano in procinto di vincere un NL Young Award e un ottimo prospetto, valutato soprannumerario, a Milwaukee. (Fra i punti di forza di Breslow non c’è la capacità di spremere la massima contropartita negli scambi).

I giovani prospetti portati nel farm system sono maturati molto velocemente, tanto che, in tempi di carestia, qualcuno è stato chiamato ad aiutare la squadra a completare quest’ultimo scampolo di stagione. L’ultimo gioiello portato all’esordio in prima squadra, forzando tutte le tappe, si chiama Connelly Early e ha lanciato nella vittoriosa gara 2, chiusa con un punteggio di 6-0 al Sutter Health Park.

Il debutto di Early ha superato le più alte aspettative dominando fin dall’inizio, con un primo inning da 1-2-3, incluso uno strikeout al temibile rookie Nick Kurtz, e eliminando i primi otto battitori affrontati.

Early ha dato ai Red Sox cinque inning scoreless e ha pareggiato il record di franchigia per il maggior numero di strikeout in un debutto nella Major League con 11. È stato taggato per cinque valide e ha concesso una base su ball a un solo battitore, totalizzando un totale di 90 lanci. Un debutto stellare in cui ha mostrato una notevole maturità nella gestione del pitching duel, contro degli avversari tutt’altro che mediocri. 

Emblematica in tal senso la gestione quarto inning, quando è riuscito a risolvere una situazione di basi cariche con 1 out, con due autorevoli strikeout finali ai danni di Hernaiz e Butler. Quando alzò il pugno dopo lo strikeout di Butler e si diresse verso la panchina, sembrava un veterano avvezzo a queste situazioni, non un giocatore esordiente.

Per risolvere il rebus di gara 3 finalmente Cora si è deciso a richiamare da Worcester Kyle Harrison, uno dei pezzi chiave acquisiti in cambio di Devers a giugno, che ancora attendeva il suo debutto stagionale. Quando era arrivato a giugno sembrava dovesse trascorrere solo un paio di settimane di riabilitazione in tripla A, ma alla fine ci è rimasto quasi tre mesi.  

La partita tuttavia inizia con Tolle sul monte, probabilmente come opener, dopo un riposo abbreviato di soli 4 giorni. Non è andata benissimo. Tolle ha effettuato 33 lanci in due inning e ha concesso tre valide, con due strikeout e nessuna base su ball. Il problema è stato che due di queste valide erano altrettanti solo homer. 

La partita, pur con Harrison a disposizione come piggybacking, prosegue in modalità bullpen. Cora manda in campo, all’inizio di ogni inning successivo, lanciatori diversi (Weissert, Wilson), fino a quando riesce a trovare quello che riesce perde la partita: Slaten. Lo Slaten tornato dall’infortunio (7 ER  e 12 H in soli 5.1 inning) non è neppure lontano parente del buon setup visto prima. C’è l’assoluta necessità di rimetterlo in carreggiata prima di ottobre. Non c’era alcuna necessità di mandarlo in campo a sacramento.

Con basi cariche e 1 out deve entrare Matz che effettuerà due soli lanci per ottenere i due out che servono per chiudere il quinto inning. Purtroppo il primo dei due sarà un 2RBI double, decisivo per il risultato, con frutta anche un out a casa base. Matz è un ottimo rilievo multinning che non andrebbe impiegato come pompiere.

Poi finalmente al sesto inning Cora si decide a mettere la palla in mano a Harrison, che, udite udite, lancia bene per ben tre inning, senza subire punti e concedendo solo tre valide, nessuna base su ball e 2K. Il 49° e ultimo lancio di Harrison provocò un flyout, che chiuse l’inning con i corridori agli angoli.

Harrison forse non è stato rimesso ancora completamente in forma, ma potrebbe rivelarsi utile in questo finale di stagione, soprattutto perché probabilmente dovrebbe avere una autonomia di lanci ben superiore a quella che possono dare dei rookie come Tolle e Early, ancorché brillanti.

Se mercoledì Cora lo avesse fatto entrare subito al terzo inning, magari in combinazione con Matz, forse avrebbe avuto i 7 inning scoreless necessari per vincere e avrebbe tutelato il bullpen. Naturalmente Cora, come qualcuno giustamente fa notare, essendo lo skipper “ne sa qualcosina più di noi” che pestiamo sui tasti a diversi migliaia di chilometri di distanza, ma certe scelte sembrano piuttosto strampalate e, soprattutto, non producono risultati particolarmente brillanti. 

Questa ultima sconfitta mi disturba perché arriva prima delle partite che decideranno la stagione: prima la serie contro The Evile Empire a Fenway questo fine settimana e poi una serie a nord del confine con il Canada. Qualsiasi esito finale è ancora possibile: sia il trionfo completo (la vittoria dell’AL East) sia il disastro (l’uscita completa dalla corsa ai playoff) e in ogni caso le cose si risolveranno negli scontri diretti.

Entrambi gli eventi limite citati sono decisamente improbabili, ma dopo tanto digiuno questo finale al cardiopalma è veramente godibile. Inoltre  rimane ancora pienamente contendibile una succosa posta intermedia, costituita dal vantaggio del campo nelle Wild Card Series con i pigiami.  Un traguardo che sarebbe decisivo consaguire

PS: i ragazzi che l’hanno cacciata fuori sui lanci di Tolle si chiamano Shea Langeliers e Nick Kurtz. In questa occasione entrambi hanno battuto il loro 30esimo fuoricampo stagionale. Per fare un confronto il nostro fuoricampista più prolifico è Story, fermo a quota 24. Questo, secondo me, è il nocciolo della questione: non abbiamo più uno slugger. E allora capita che se non hai nessuno che la caccia fuori regolarmente le partite le perdi, anche con gli Athletics. 

Mi rendo conto che non dovrei provare tanto fastidio per una singola gara, dovrei avere una visione più ampia. Per esempio cerco di dirmi che abbiamo iniziato la stagione con un record di 6-17 negli 1-run game. Se fossimo  riusciti a realizzare anche solo mediocre risultato di 11-12 questa squadra ora sarebbe in testa alla division. E all’epoca avevamo anche uno slugger. Ma non c’è niente da fare, quella sconfitta a Sacramento mi fa ancora sacramentare 🙂

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Blackout

Roman Anthony si fa male e improvvisamente si spegne la luce. Stanotte affrontavamo Brandon Pfaadt che dopo 79 partite, alla sua terza stagione MLB, aveva una ERA in carriera di 5,15. Con Lucas Giolito sul monte avrebbe dovuto essere una vittoria obbligata e invece incassiamo ancora una cocente sconfitta, con caratteristiche ed episodi che dovrebbero preoccuparci, visto che potrebbe addirittura compromettere una qualificazione ai playoff (data acquisita al 94% da FanGraph).

Nella parte  bassa del secondo inning Giolito riempie le basi con 1 out, concedendo 2 singoli e una BB. Va nel box il battitore numero 9 dei Serpentes McCarthy, batte una facile palletta al centro del diamante, che avrebbe dovuto innescare un doppio gioco di routine e accade l’impensabile: Story, l’uomo cardine della difesa interna, l’ha manca, la palla finisce in campo esterno e frutta 3 punti ad Arizona, considerando anche il SF di Perdomo al turno di battuta successivo. 

La giocata storta di Story non è stata neppure l’unico errore eclatante in difesa dei Red Sox, che ancora una volta sono caduti vittima di un malinteso tra Rafaela e Duran che, similmente a quanto avvenuto a Baltimora alla fine di agosto, hanno lasciato cadere una palla al settimo inning che ha concesso un doppio invece che un out. 

Questa particolare dinamica, che coinvolge anche veterani di comprovata solidità, potrebbe essere causata dal giocare contratti, tesi, senza fluidità, preoccupati di mettere in discussione un risultato dato per acquisito. Questa situazione, che a volte è definita braccino, di solito avviene quando la mente del giocatore non è calma, quando i pensieri sono troppi e negativi, quando il dialogo interno non è funzionale all’obiettivo che si vuole raggiungere. 

Ma come si può essere preoccupati di essere sotto di 3-0 con Arizona al secondo? Una squadra forte, che vuole competere per il titolo divisionale, sa che c’è ancora il tempo per recuperare e non si fa smontare. E invece accade esattamente il contrario. Poi se uno guarda al line up che schieriamo ultimamente, con Yoshida assurdamente lead off e tanti giocatori assolutamente improduttivi, si comincia a pensare che non si tratta solo di ingiustificate fobie.

PS: intanto Ciccio, cacciato in esilio sulla west coast, ha battuto il suo 31° HR stagionale, 2 in meno del suo record vita del 2023. Avrà anche un cervello di gallina, ma con il bastone ancora se la cava. Lui sembra contento, immagino saranno contenti tutti coloro che non sopportavano più la sua faccia imbronciata nel dug out e sarà contenta la proprietà per tutti i soldi risparmiati. Possibile che sia solo io che continuo ad essere un filino incazzato?

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Ultima curva

La stagione è agli sgoccioli, ma ancora la griglia dei playoff non è perfettamente definita e ogni partita sembra avere un valore maggiore.

Ieri Narváez è subentrato a Lowe (0/2) al quinto per il suo primo pinch hit in carriera e ha battuto un singolo 2RBI che alla fine è risultato decisivo per il risultato, ribaltando in nostro favore una partita che la tremebonda partenza di Bello avrebbe senza dubbio compromesso, contro avversari più forti di Cleveland.

Tutto questo però passa in secondo piano nelle cronache per lo strano fuoricampo, battuto da Story al sesto al Pesky’s Pole, che ha stabilito un nuovo record di brevità, avendo percorso una distanza di soli 92 metri dal piatto. 

Tutto succede nella parte bassa del sesto inning, con i Boston Red Sox in vantaggio per 5-3, quando Story alza uno slider del rilievo Jakob Junis, lungo la linea di destra. L’esterno Noel corre sotto la palla e tenta una presa al volo proprio vicino al palo di Pesky, ma la presa non è perfetta, sicuramente non è una presa salda e sicura necessaria per l’eliminazione. Nello slancio l’esterno prosegue e la palla che è inizialmente nel suo guanto, colpisce il palo, poi di nuovo il guanto di Noel prima di rimbalzare su un tifoso e cadere in territorio foul.

L’iniziale chiamata arbitrale di foul è sicuramente sbagliata, perchè la verticale della palla, quando l’esterno la tocca, cade sicuramente in territorio fair. Quindi ora la palla è viva e se cade  si trasformerebbe almeno in un ground rule double. Purtroppo per Noel, dopo aver rimbalzato sul guanto, tocca il palo e quindi è HR.

C’è un punto però da chiarire ancora. La palla cade definitivamente dal guanto di Noel quando il suo guanto va a impattare su un tifoso. Forse la circostanza a qualcuno di voi la situazione ha richiamato alla memoria l’episodio della famosa Fan Interference chiamata sulla mancata presa di Betts della battuta di Altuve in gara 4 delle ALCS 2018. L’analogia non è calzante. Quando a Houston il tifoso tocca il guanto di Betts, la verticale della palla è in territorio fair, mentre Noel viene “disturbato” in territorio foul, in cui lui si può avventurare, ma a suo rischio e pericolo.

Inizialmente, Story aveva corso in seconda base, pensando che si trattasse di un doppio per regola di campo e ci è rimasto mentre l’azione veniva sottoposta a revisione arbitrale, che alla fine ha decretato che si trattava effettivamente di un fuoricampo.

Con questa vittoria recuperiamo una parità in percentuale con i MFY, e quindi un virtuale primo posto nella classifica Wild Card, visto che abbiamo vinto la serie stagionale. I pigiami però, avendo disputato due gare meno di noi, sarebbero ancora artefici del proprio destino.

La cosa più interessante però non è questa. Dopo la sconfitta a Cincinnati il vantaggio di Toronto si assottiglia a 2.5 GA e quindi per me si riapre la vittoria della division. A parte che sarebbe comunque vincere qualcosa, il primo posto dà la possibilità di ricevere un bye e saltare le Wild Card series, oppure avere il vantaggio del campo. Per come è organizzato il calendario dei playoff non si capisce se il Bye costituisca un vantaggio, ma, nel caso dei Red Sox, il vantaggio del campo ha sicuramente un valore. 

Ci sono due episodi recentissimi che avvalorano questa affermazione. Oltre al solo homer di Story, ottenuto con la collaborazione del palo, domenica il fuoricampo interno di Duran, che è arrivato a casa senza neppure scivolare, è arrivato anche grazie alle carambole che la palla ha effettuato nel triangolo, che ha mandato ai matti il CF dei Bucks. Inoltre noi abbiamo un esterno centro stellare che, anche se per il momento con la mazza è troppo silente, si guadagna lo stipendio perchè sembra essere l’unico a possedere la mappa del Fenway Park.

Faingraph e altri siti di pronostici che cercano di predire la classifica finale non ci danno molte chance da questo punto di vista. Tuttavia, poichè non è finita finchè non è finita, se diamo un’occhiata al calendario della prima quindicina di settembre, potremmo trarre qualche motivo di incoraggiamento.

Toronto, completata la serie in trasferta a Cincinnati, andrà a giocare tre partite nel Bronx, per poi incontrare Astros e Orioles in casa. Il calendario dei MFY è ancora più sfidante perché prevede una trasferta a Houston, prima di accogliere Toronto e Detroit, per poi arrivare al Fenway Park. I tifosi yankees stanno con le chiappe strette perchè i “Bomebers” sembrano a loro agio con le squadre sotto 500 (con le quali segnano sfracassi di punti a suon di fuoricampo) per poi sciogliersi con le squadre forti. Questo è comprovato dalla loro differenza punti (+134), la migliore in AL, a cui non corrisponde un record esaltante. Nella division i Red Sox sono secondi (+104) e i Blue Jays addirittura terzi (+55) alla pari con gli odiosi raggetti.

Insomma siamo in vista dell’ultima curva prima del rettilineo finale e le circostanza ci danno l’opportunità di affrontarlo in ottima posizione, sempre che riusciamo piegare i Guardians e a sfruttare le serie sulla west cost con Diamondbacks e Athletics.

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Un esordio coi fiocchi

La notizia del giorno è l’atomico esordio di Peyton Tolle, l’omino coi baffi nella foto, che davanti a un Fenway Park tutto esaurito, ha saputo entusiasmare e commuovere, meritandosi appieno la standing ovation ricevuta quando è uscito con 5.1 inning di gioco.

L’arrivo totalmente imprevisto di Tolle sul monte di lancio sono una di quelle storie stupefacenti del baseball, che costituisce un universo evidentemente ancora non del tutto conoscibile, anche con migliaia di giornalisti che lavorano per raccontarlo. 

Boston ha ingaggiato il mancino al secondo giro del Draft  della scorsa estate. Ha trascorso la scorsa primavera a Fort Myers, in Florida, presso il centro di sviluppo della squadra, allenandosi e prendendo confidenza con il sistema di lancio di Boston.

Quando ha fatto il suo debutto da professionista in High A questa primavera, ha dominato con una media PGL di 3.62 e 79 strikeout in 49 2/3 inning. Entro la fine di giugno, era stato promosso a Portland, in Doppia A. Sei settimane dopo, era in Tripla A a Worcester e dopo sole tre partenze, i Red Sox lo chiamarono per entrare nella rotazione nel bel mezzo di una corsa al pennant. In tre livelli, aveva registrato una media PGL di 3,04 e una percentuale di strikeout del 36,5%, affidandosi principalmente a una fastball d’élite a quattro cuciture.

Sebbene Tolle abbia certamente impressionato i valutatori, la promozione a razzo è anche legata a cause collaterali che gli hanno spianato la strada.  Walker Buehler ha deluso talmente, da uscire dal quintetto titolare e si è rivelato inutile in un forte bullpen tanto da ricevere un DFA.  Richard Fitts, che sembrava poter avere l’opportunità di sostituirlo, è uscito nella partita di lunedì per un fastidio al braccio e ora è nella lista degli infortunati da 15 giorni. Prima di lui anche lo swingman Cooper Criswell è finito nella lista degli infortunati delle leghe minori la scorsa settimana.

L’ultimo ostacolo era rappresentato da Kyle Harrison,  già nel roster dei 40 uomini e che sembrava il favorito per la posizione. Harrison non è ancora stato preso in considerazione dai Sox da quando lo hanno ingaggiato come headliner dello scambio di Devers anche se ha una solida media PGL di 3,65 in 11 partenze in Tripla A, ma ha il tasso basi su ball di quasi il 12% con una media di strikeout del 21,5% evidentemente lo ha sfavorito. 

L’epilogo di questa carriera velocissima è stato quello affrontare Paul Skenes, la stella del 2024 che si è confermata nella sua seconda stagione. Fresco del premio di Rookie dell’Anno, guida la National League in ERA e FIP con 27 partenze ed è un probabile vincitore del Cy Young. Ma c’è un vantaggio: il suo record è di 8-9, cioè i Pirates avevano vinto 14 delle sue partenze, perdendone 13, quindi se riesci a far entrare il bullpen in una situazione favorevole dovresti avere delle buone chance. Il piano di gara dovrebbe essere semplice, tenere Tolle per cinque inning e poi far entrare il nostro forte bullpen. Le cose non andranno del tutto secondo i piani

Tolle è salito sul monte di lancio nel primo inning lanciando a quasi 100 mph. Anche il suo controllo era ottimo: sui primi 13 lanci, 11 erano strike. Con il proseguire della partita, la sua velocità è calata, avvicinandosi alle 95 mph, ma il lancio è rimasto comunque eccellente per tutta la partita. Ha restituito nove whiff su 50 lanci, un buon 18% di strikeout, alternando con sapienza la sua veloce four-seam, con un cutter e un changeup entrambi. Una battuta concessa e due basi ball non macchiano la prestazione di un esordiente per i primi 5 inning.

Al di là del risultato l’esordio di Tolle è un’ottima notizia per i Red Sox che hanno trovato un gioiello. Quando il roster si accorcerà noi potremo schierare Crochet, Giolito e Bello, che sono stati eccellenti da oltre due mesi. Se si affronta una serie di playoff con quei tre come lanciatori partenti, Tolle come rilievo dominante su più inning aggiunto a Whitlock e Chapman nel mix, all’improvviso si ottiene uno staff di lanciatori davvero letale. 

Da’alltra parte Paul Skenes ha lanciato sei inning potenti concedendo un punto guadagnato concedendo sette valide e una base su ball, eliminando sei battitori per strikeout in sei inning. Eppure alla fine del quinto i Red Sox avanti 2-0

Boston ha segnato un punto non guadagnato nel quarto inning, quando Skenes non è riuscito a raggiungere un nubber di Rafaela e il terza base Kiner-Falefa ha sbagliato, lanciando la palla verso l’esterno permettendo a  Yoshida di segnare dalla seconda. L’inning seguente, quando Roman ha piazzato un solo HR sull’esterno destro, l’incontro sembrava sugellato.

Poi si è messa di mezzo l’ingordigia di Cora, che ha rimandato Tolle sul monte al sesto, per poi essere costretto a toglierlo con un out e le prime due basi occupate. Me lo sentivo, ormai so come si muove il nostro manager. Ero furibondo. Cora ha poi completato il lavoro sostituendo Tolle con Weissert, un uomo che ha più volte dimostrato di non poter reggere quelle situazioni, che ha incassato due doppi consecutivi e perso la partita.

Non posso commentare il resto, perchè non l’ho visto. Ero troppo incazzato. Cora mi ha rovinato un’ottima emozione, per la prima parte esaltante della partita, ma non saremmo tifosi dei Red Sox senza l’abitudine a soffrire.

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Un caso disperato

Accolgo volentieri il suggerimento di Davide per mostrare una tabella che, come nel caso di Hamilton, confronti le prestazioni ottenute durante questa stagione dal nostro DH Yoshida, con quelle di altri giocatori:

AB R H HR RBI SB AVG OBP OPS
Masataka Yoshida 103 5 24 2 13 2 233 283 633
Rafael Calcano Devers 493 72 124 25 84 1 252 372 832
George Chelston Springer 386 79 116 24 67 14 301 388 .92
Benjamin Kimball Rice 365 57 88 21 48 3 241 339 827
Jorge Luis Polanco 373 49 94 20 59 6 252 317 773
Abraham Josue Toro 259 33 62 7 27 2 239 289 660

In primo luogo si propone il confronto con il giocatore cacciato per aver sindacato le parole (e le azioni) del Chief Baseball Officer, senza ottenere alcuna contropartita utile. Mi sembra che si possa fare agevolmente un calcolo spannometrico dell’enorme numero enorme di vittorie in più che questa operazione ci ha assicurato.

Inoltre, per tirarvi su di morale, potete fare un confronto con le prestazioni di alcuni giocatori utilizzati dai nostri principali competitors come DH.

Infine, per dimostrare che al posto di Masataka potrebbe veramente giocare chiunque, si mostrano le statistiche del giocatore che i Red Sos hanno escluso dal roster dei 40 uomini con una DFA, proprio per richiamare Hamilton. Toro sarebbe disponibile perché superate le waivers, ha accettato di rimanere nell’organizzazione con un incarico a Worcester. E tutti vissero felici e contenti.

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È iniziata la discesa

La situazione di classifica è tale che solo uno sconvolgimento potrebbe impedire il nostro accesso ai playoff, ma la conquista della prima piazza delle WC sembra essere un  obiettivo molto appetibile per una squadra come la nostra che è capace di approfittare dei muri e degli spigoli del Fenway Park. Per questo la partita di bullpen di stanotte, vinta con un solo punto di vantaggio  con merito e fortuna, è stata davvero importante. 

Il lanciatore avversario Sugano (10-6) si è confermato avversario ostico (quattro punti guadagnati e sei valide in sei inning di gioco, con 2BB e 6K9), subendo la sua prima sconfitta in otto uscite dal 2 luglio. Sei giorni fa, al Fenway Park, il rookie giapponese aveva subito solo un punto non guadagnato in cinque inning, in una partita poi vinta da Baltimora agli extra.

Cora decide di schierare Bernardino come opener e sembra una scelta ben azzeccata, dato che il nostro mancino neutralizza la parte alta del lineup avversario con uno scoreless inning in 14 lanci. Dal secondo inning subentra Richard Fitts (2-4) che concederà tre punti in quattro inning prima di uscire per un fastidio al bicipite destro (dopo la partita non verrà confermato un infortunio). 

Sul punteggio di 1-1 (al solo homer di Roman Anthony al primo aveva risposto il solo homer di Colton Cowser al secondo), Fitts entra nel terzo mettendo a segno due facili eliminazioni per poi incepparsi, perdere il controllo e riempire le basi. Concede la base a Henderson, colpisce Mountcastle e di nuovo la base a Moyo (sebbene conducesse 1-2 nel conto). Questo riporta Cowser nel box che, di nuovo sul conto di 1-2, batte un singolo al centro che porta a casa due punti. 

Anche con i successivi 1-2-3 inning la prestazione del lancio è al di sotto di quello che serve a questo punto della stagione. Fitts sembra non avere benzina per andare oltre i 60-70 e questo lascia dubbi sulla scelta di Cora, che avrebbe in alternativa potuto convocare Kyle Harrison, acquisito nello scambio con Rafael Devers. 

Harrison era un tempo considerato tra i migliori lanciatori partenti del baseball, ma sembra possedere ancora abbastanza talento per essere azzardato in una partita di bullpen. Oltretutto non è l’unica alternativa. In questo periodo infatti si è distinto anche Payton Tolle, il miglior lanciatore che i Red Sox abbiano cresciuto dal vivaio negli ultimi anni, che sta facendo progressioni nelle minors a una velocità che ricorda quella della sua palla veloce.

Anche in questo caso Cora conferma la sua ritrosia ad effettuare cambiamenti nella formazione. Emblematica in tal senso è stato l’avvicendamento riguardo il titolare sul cuscino di prima quando ha fatto giocare un Toro allo stremo delle forze e destinato sicuramente al DFA, pur avendo a disposizione un valido sostituto. Sicuramente questo atteggiamento permette ai titolari di attraversare periodi di slump avendo la consapevolezza che la fiducia del manager non vacillerà.

Il problema però si propone quando il periodo di slump di un giocatore prosegue con una durata indeterminata. Per esempio perché dobbiamo ancora vedere Hamilton giocare in prima? Ieri notte è andato 0/4 con 2K, di cui il secondo particolarmente doloroso, perché il pinch-runner Jhostynxon Garcia era in terza con un eliminato e avrebbe potuto dare un altro punto di assicurazione.

La tabella seguente mi sembra abbastanza indicativa che forse ci sono alternative per il ruolo di 2B che vantano numeri offensivi migliori:

AVG OBP OPS
David Lewis Hamilton 188 245 530
Nicholas John Sogard 254 323 662
Vaughn Anthony Grissom 255 309 655
Kristian Eron Campbell 223 319 664

D’altra parte Hamilton non si è neppure dimostrato un cavaliere Jedi in difesa, essendo autore di 4 errori in 62 partite giocate in seconda. L’unico suo pregio (l’unico che Cora cita nelle interviste) è la sua velocità, ma non si può correre sulle basi se prima non ci si arriva.

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Must-win Game

La partita finale della serie nel Bronx dovrebbe essere considerata dai pigiami una partita da vincere a tutti i costi e quindi dovremmo impegnarci al massimo, cogliendo l’occasione per affossarli definitivamente  Diamo un’occhiata a tutti i motivi per cui una sconfitta potrebbe essere esiziale per l’Impero del Male.

Innanzitutto, a livello di classifica, gli Yankees stanno esaurendo il tempo a disposizione per la stagione 2025. La loro ultima sconfitta ha ridotto il loro record di regular season e non lascia molto margine di manovra nella corsa a tre posti della Wild Card. Con una sconfitta i Red Sox si allontanerebbero in modo preoccupante,  Mariners, che vantano un record simile e attraversano fluttuazioni simili,  si manterrebbero in piena corsa e i Kansas City Royals, che non danno segnali di cedimenti, li stanno incalzando a sole tre GB. Siamo a un punto della stagione in cui ogni sconfitta potrebbe essere decisiva per l’accesso ai playoff.

Il secondo motivo ha a che fare con il morale. Avendo già perso le prime tre partite in casa contro il loro acerrimo rivale, ora si presentano all’ultimo incontro con l’assoluta necessità di un brodino, non potendo permettersi di scoprire cosa significherebbe perdere ancora. Per molti versi una vittoria sarebbe un modo per salvare la faccia, e non rendere disperata una situazione che fino a giovedì sembrava promettente. 

Ad aumentare ulteriormente la pressione sugli Yankees  questa era la partita che avevano cerchiato come la loro vittoria più probabile prima dell’inizio della serie. Il confronto tra Carlos Rodón e Dustin May favorisce nettamente New York. Rodón ha effettivamente faticato contro i Red Sox nel 2025, ma per il resto le cose sono andate piuttosto bene. Perdere proprio quando si pensa di avere i favori del pronostico potrebbe portare a conseguenze durature. 

Se non riducono a mezza partita il loro distacco da noi rischiano di arrivare all’ultima confronto diretto dell’anno, con i giochi già fatti, per una rivincita. Per una partita di fine agosto non c’è niente di più clamoroso di questa prospettiva, specialmente quando si svolge sul palcoscenico più importante della MLB, il Sunday Night Baseball.

Il baseball è uno sport spietato. In caso di sconfitta Boston tornerebbe dal Bronx con un bottino tutt’altro che disprezzabile, e dovremmo comunque festeggiare. Tuttavia ci sarebbe il retrogusto amaro di non aver approfittato di una ghiotta occasione per sbarazzarsi della peggior rivale.

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